La Cittadella di Alessandria.


by Andrea Guenna
Con i suoi 74 ettari la Cittadella di Alessandria è il più fulgido esempio di fortezza militare moderna al mondo. Costruita tra il 1732 e il 1808, è stata lo scenario di alcuni dei più importanti eventi nella storia italiana ed europea, dal periodo napoleonico, in cui era una delle più importanti fortezze, all'Unità d'Italia dove divenne il simbolo del Movimento Risorgi- mentale. Il declino è iniziato nel 2007 quando i militari hanno definitivamente abbandonato la struttura. Attualmente la minaccia maggiore viene dall'ailanto, un rampicante particolarmente invasivo che sta danneggiando in maniera profonda i muri e i tetti delle case all’interno della stessa struttura. Il completo sradicamento della pianta, che ha ricoperto la bellezza di più di 7 ettari d'area, richiede un lavoro lungo, laborioso e inevitabilmente costoso. Oltre all'ailanto la fortezza richiede lavori di messa in
sicurezza e restauro. La Cittadella di Alessandria fu eretta in conseguenza del Trattato della Lega di Alleanza, stipulato nel 1703, durante la guerra di Successione di Spagna, tra l’Imperatore d’Austria e il Duca di Savoia Vittorio Amedeo II: al Duca furono cedute le province di Alessandria e di Valenza e le terre situate tra il Po e il Tanaro, come ricompensa per essersi schierato al fianco dell’Impero Asburgico. Solo nel 1707 la città di Alessandria fu annessa ufficialmente ai territori dello Stato sabaudo e fu chiara da subito l'esigenza, per la sicurezza della città, di costruire una cittadella fortificata, a pianta esagonale, in muratura di mattoni, il cui progetto fu affidato all’ingegnere militare Ignazio Bertola.
La costruzione della Cittadella di Alessandria, che sarebbe divenuta l’elemento centrale del sistema difensivo piemontese, rientrava in un vasto programma di difesa dello Stato Sabaudo che comprendeva un sistema di forti di sbarramento degli accessi alpini alla pianura: 1. il forte di Bard per controllare i valichi del Piccolo e Gran San Bernardo, 2. quello della Brunetta presso Susa, 3. quello di Fenestrelle nella Val Chisone, 4. la fortezza di Cuneo, 5. la fortezza di Saorgio, 6. il forte di Ceva nella valle del Tanaro, 7. la Cittadella di Alessandria.
 CRONISTORIA
• 1727. Per la sua costruzione Vittorio Amedeo II di Savoia conferì l’incarico della progettazione a Ignazio Bertola, Ingegnere Reale dal 1728. I primi disegni progettuali risalgono al 1727: Bertola mise a profitto l’esperienza dell’assedio di Torino del 1706, della cui Cittadella conobbe, in quell’occasione, i difetti e le lacune legati ad un impianto obsoleto. Pensò quindi alla possibilità di immettere negli ampi fossati l’acqua del Tanaro, attraverso un sistema di paratie e di chiuse che ne potessero deviare il corso fluviale, così da creare un ostacolo per i nemici. Il terreno paludoso del rione Borgoglio, dove sarebbe sorta la fortezza alessandrina, dovette essere rafforzato attraverso speciali sistemi di consolidamento. Bertola studiò anche una particolare disposizione delle controguardie, opere a forma di V ubicate davanti ai sei bastioni a fianchi concavi. Tutti i fronti furono dotati di rivellini o mezzelune a pianta triangolare. Il caratteristico esagono della Cittadella di Alessandria risulta deformato, o meglio, schiacciato. Bertola ritenne che si dovesse difendere la più probabile delle direzioni di attacco: se il fronte verso la città risultava protetto dalle acque profonde del fiume, e i fronti verso la campagna avrebbero potuto soffrire solo nel caso in cui fossero attaccati contemporaneamente, i fronti di levante e ponente (Est - Nord Est; Ovest – Sud Ovest), più facili da attaccare, avrebbero dovuto essere uguali e maggiormente rafforzati. Ecco che si spiega come mai la deformazione dell’esagono fortificato della Cittadella di Alessandria. Anche per questo i due ingressi furono disposti uno verso la città e uno verso Asti, sui fronti meno esposti all’attacco. Alle due porte di ingresso, Porta Reale e Porta del Soccorso, si accedeva attraverso due ponti dormienti che attraversavano il fossato antistante. Attorno al Corpo di Piazza, delimitato dai sei bastioni, o baluardi, ai vertici dell’esagono, collegati da spesse cortine rettilinee, correva un fossato largo ben 50 metri davanti ai bastioni e 120 metri davanti alle cortine. I lavori durarono all’incirca quattordici anni: nel 1745 la fortezza era completa ed inespugnabile nella sua complessa struttura difensiva.
• 1749. Sull’area lasciata libera, si intraprese la costruzione del primo quartiere militare, dedicato a San Tommaso, adiacente all’omonimo bastione. Della progettazione degli edifici si occupò ancora una volta Ignazio Bertola. Nella seconda metà del XVIII secolo al Bertola successe l’ingegnere Pinto di Barri, che, in collaborazione con l’architetto Giovanni Battista Borra, progettò il complesso dei quartieri militari. Gli edifici furono realizzati con volte a prova di bomba e murature in mattoni pieni, e completati da coperture a padiglione con coppi in laterizio italico: del progetto facevano parte il palazzo del governatore, caserme, rimesse, polveriere, magazzini, un ospedale con infermeria, laboratori, un padiglione degli ufficiali. Gli edifici furono collocati in modo tale che al loro interno si delineasse un rettangolo da destinare all’immensa Piazza d’Armi.
• 1760. Iniziò la costruzione del Quartiere San Carlo.
• 1762. Furono gettate le fondazioni del Palazzo del Governatore. Sul lato sud-occidentale della Piazza d’Armi.
• 1769. Si iniziò a costruire il Quartiere San Michele, completato circa vent’anni più tardi. L’edificio, progettato dall’architetto Borra, in origine destinato a ospedale con le infermerie, fu poi ampliato con tre maniche perpendicolari al corpo principale, che formano tre cortili interni, la cui risoluzione architettonica richiama quella del cortile dell’Accademia di Torino.
• 1792. Tra il 1792 e il 1796, durante la guerra tra il Piemonte e la Repubblica Francese si eseguirono opere di rafforzamento delle strutture difensive e fu smantellata la copertura del ponte sul Tanaro che univa la Cittadella al nucleo urbano.
• 1796. Dopo la sconfitta delle truppe piemontesi nella Prima Campagna d’Italia di Napoleone Bonaparte, la Cittadella e la città di Alessandria passarono sotto il dominio francese. Tre anni dopo le forze austro-russe costrinsero i francesi a deporre le armi. • 1800. Il 14 giugno, a seguito della battaglia di Marengo, i francesi si impossessarono nuovamente della fortezza e della città. Napoleone decretò allora la demolizione di tutte le fortezze che costituivano l’apparato difensivo del Piemonte, fatti salvi il Forte di Fenestrelle, la Cittadella di Torino e la Cittadella di Alessandria: quest'ultima, anzi, nelle intenzioni del futuro imperatore, era destinata a divenire la maggiore opera difensiva francese nella pianura padana e centro logistico essenziale per le operazioni militari in Italia.
• 1802. È l’anno dell’annessione del Piemonte al territorio metropolitano francese, quando fu elaborato il primo progetto di ristrutturazione e completamento della Cittadella di Alessandria da parte dei francesi: tale progetto aveva lo scopo di inserirsi all’interno di un nuovo sistema difensivo che impedisse, come era accaduto nel 1799, il ritorno austriaco in Piemonte. Gli interventi più urgenti furono quelli di riparazione dei danni causati alle difese dai bombardamenti austriaci nel corso dell’assedio alla Cittadella del 1799. Il progetto prevedeva vari interventi tra i quali: o un’opera di sbarramento per far correre l’acqua del Tanaro nei fossati con la conseguente creazione di un bacino di inondazione; o l'innalzamento e il rivestimento dei cavalieri dei bastioni di Santa Cristina verso il Tanaro e di San Carlo verso la campagna; o il restauro dei sotterranei del bastione di San Michele; o la costruzione di un’armeria detta Salle d’Artifice; o la costruzione di una vasta tettoia adibita a laboratorio di artiglieria; o la costruzione di un magazzino per gli affusti di ricambio, di una sala d’armi sovrastante, di una caserma per l’artiglieria, di un magazzino per il genio e di uno per i viveri, tutti a prova di bomba; o il rivestimento della controscarpa e la costruzione di ridotti rivestiti nelle piazze d’armi rientranti; o la demolizione dell’antica parte di cinta magistrale di fronte alla Cittadella. Nel 1803 ebbe inizio il cantiere: trasformando le gallerie di demolizione del Bertola, si ricavarono all’interno dei quattro bastioni angolari delle casematte d’artiglieria; si realizzarono i quattro cavalieri sui quattro bastioni angolari, dotati di rampe di accesso per le artiglierie e di un duplice ordine di feritoie di fucileria all’interno. I lavori si conclusero solo nel 1806.
• 1821. La Cittadella fu ancora teatro della storia in occasione dei moti insurrezionali del 1821: i soldati della guarnigione piemontese insorsero e se ne impossessarono dichiarando fedeltà al Re Vittorio Emanuele I, pretendendo tuttavia la proclamazione della Costituzione Spagnola. Carlo Alberto, erede al trono, dapprima offrì il suo appoggio per poi ritirarlo. Fu allora che i costituzionalisti innalzarono sulla Cittadella il Tricolore Carbonaro, proclamando la Costituzione Spagnola e dichiarando guerra all’Austria. In seguito, le truppe realiste di Carlo Felice, succeduto al trono di Vittorio Emanuele I, sconfissero le schiere costituzionaliste e soffocarono i moti insurrezionali, riappropriandosi della roccaforte alessandrina.
• 1833. La Cittadella fu la prigione di Andrea Vochieri (Alessandria, 1796 – Alessandria, 22 giugno 1833) che dopo la laurea in Legge tornò ad Alessandria per fare l’avvocato. Entrato in contatto con esponenti liberali di stampo mazziniano, partecipò attivamente ai moti del 1821. Costretto ad abbandonare gli stati sabaudi, si rifugiò a Barcellona. Rientrato in Italia nel 1833, aderì ancora più approfonditamente alle idee mazziniane, entrando a far parte della Giovine Italia. Scoperta la sua attività di proselitismo, rivolta in particolare alle truppe dell'esercito del Regno di Sardegna (1720-1861), fu arrestato il 1° maggio 1833 e imprigionato in una piccola cella con catene ai piedi fissate al muro. Nonostante fosse un civile fu giudicato da una corte marziale e condannato alla pena capitale mediante fucilazione il 20 giugno mentre la sentenza fu eseguita due giorni dopo. Il suo testamento spirituale fu una lettera trovata nella sua cella, che diceva: "Miei figli, questo è l'unico tesoro che vi lascia vostro padre prima di morire per la sua Patria. Moglie mia, conserva questo scritto ad eterna memoria di tuo marito e fa che sia d'insegnamento ai miei figli ed amici. Italiani fratelli, io muoio tranquillo perché, quantunque calunniato e tradito, seppi tacere per non compromettere alcuno dei miei fratelli. Io muoio tranquillo, perché non ho voluto riscattare la mia vita dal tiranno, piemontese, come mi venne offerto, con il tradimento e con lo spergiuro. Io muoio tranquillo perché vero e costante figlio della Giovine Italia. Infine io muoio o Italiani, imprecando con l'estrema mia voce a tutti i despoti della terra e loro alleati. Infiammatevi ad unirvi e a sacrificare il vostro sangue per la libertà, indipendenza e rigenerazione della infelice nostra patria".
• Nel 1859 ebbe inizio la Seconda Guerra d’Indipendenza contro l’Austria: in soccorso del Piemonte accorse l’esercito francese, per il quale la Cittadella di Alessandria divenne la principale base di raduno e il maggiore caposaldo in Piemonte. È del tutto evidente l’estrema urgenza di preservare l’intera struttura, evitando che sia contaminata da interventi architettonici avulsi e realizzati senza tener conto del valore inestimabile, sia sostanziale che storico, Simbolo dell’Unità Nazionale, manufatto militare unico al mondo. Le perplessità che ciò sia garantito sono molte e nascono proprio dai dubbi che la realizzazione del Pon te Meier sia gravemente invasiva. A ciò si aggiunge un enorme degrado della struttura stessa testimoniato anche da Gian Antonio Stella del Corriere della Sera che ne ha trattato diffusamente nel libro “Vandali. L’assalto alle bellezze d’Italia” scritto insieme a Sergio Rizzo, edito da Rizzoli nel 2011, ma anche in qualche articolo di giornale come quello scritto per il Corriere della Sera il 14 luglio 2011 dove si legge fra l'altro: “Se vedesse crescere gli alberi sui tetti della Cittadella di Alessandria, sui quali sventolò nel 1821 il primo Tricolore del Risorgimento, che lui cantò in Piemonte, Giosuè Carducci scaglierebbe ancora, probabilmente, la sua celebre invettiva contro i politici incapaci: Voi... piccoletti ladruncoli bastardi! E avrebbe buone ragioni per farlo. Uno Stato serio non abbandona così un pezzo della sua storia. Alberi sui tetti delle polveriere, alberi sui tetti delle torrette, alberi sui tetti delle casermette e poi sterpi e cespugli ed erbacce e alberi sui bastioni, sulle porte, sulle rampe e insomma ovunque l'assalto di una selva aggressiva che sta sbranando giorno dopo giorno la magnifica fortezza settecentesca abbandonata al degrado sotto gli occhi di tutti i ‘lisandren’, a poche centinaia di metri da Piazza della Libertà, il cuore della città piemontese appena al di là del Tanaro. E può così capitare – scrive Stella - che, a poche decine di chilometri, lo Stato concentri tutti gli sforzi nel meraviglioso risanamento della reggia di Venaria Reale, appena a Nord di Torino, e lasci cadere in pezzi la Cittadella di Alessandria. Il fatto è che la Cittadella alessandrina non è una delle tante fortificazioni: è un capolavoro di arte militare che appare dal cielo circondata da mura e fossati a forma di una stella a sei punte che nella cerchia esterna diventano dodici, inserito dal 2006 nella lista dei luoghi candidati a entrare nell'elenco dei siti tutelati dall'Unesco come patrimonio mondiale dell'umanità”. 

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