“A capo di un verso”, di Miriam Piga
by Maura Mantellino
E’ stato pubblicato in questi giorni da Antologica Atelier Edizioni, il nuovo libro di poesie della poetessa Miriam Piga intitolato ‘A capo di un verso’.
Nei mesi di gennaio e febbraio si è svolto il concorso Premio Ungaretti 2016 curato da Antologica Atelier.
La casa editrice ha voluto rendere omaggio a Giuseppe Ungaretti, un grande poeta che nella sua poetica, libera dalla metrica, ha spalancato la porta dell’espressività ed allo stesso tempo ha mantenuto la coerenza espressiva che si andava scardinando con le avanguardie e le sperimentazioni delle correnti del futurismo e Dada.
A Miriam Piga è stata conferita una menzione speciale al Primo Premio assoluto. La silloge comprende moltissime poesie di rara dolcezza e delicatezza.
Parole ricche di nostalgie, di suggestioni ed emozioni. La poetica di Miriam Piga acquista una dimensione particolare: testimonianza del travaglio intimo della coscienza della precarietà dell’uomo.
Le parole che testimoniano e definiscono questa dimensione spesso hanno la fragile e trepida bellezza di un fiore appena sbocciato.
Leggiamone alcune insieme:
SONO CENTO, I TUOI ANNI
Scavano luce
i tuoi fari lucenti.
Donano lumi
alle notti senza luna
quando il cerchio nero
del tuo materno grembo,
un tempo ha appeso al cielo.
Sono sogni ribelli,
albergano sull'uscio
di un alba capovolta,
a rincorrere avari toni
di un dì che non sorride.
Sono labbra rosse
tra le gote espressive.
È un canto lontano
che si dondola piano,
sul tuo udito poggia una nota
Sono cento, i tuoi anni,
li ho contati uno ad uno.
Sono cento e sono tanti,
col passo di vento
hanno varcato traguardi.
Ti guardo e ritrovo meraviglie.
Li, mi fermo.
MAESTRALE MISTO SALE
E t'amerò,
come un alba di Gennaio
si risveglia col gelo,
tra frantumati colori
e frecce dentro faretre di sole.
Sarai un cielo dipinto
con l'abito luccicante
e la nube che s'affaccia
quando è sera,
a rimembrar la stagione amara.
T'amerò col palato
che brama il desio,
assaporerò l'agrodolce
misto a colate di miele.
Perché l'amore vive tra i tasti
di una musica triste.
Oppure danza col battito,
crolla sfinito come l'onda
a ridosso della scogliera
e cade a getto tra le spume
avvolgenti del ricordo.
Un assordante canto,
il maestrale misto sale
con granelli di sabbia
e il deserto dentro al petto.
La gabbia dei sensi
e il frastuono dei sogni
nelle notti insonni.
T'amerò cosi.
L'ULTIMO RESPIRO
E poi cedi la notte al giorno,
scendi a patti con l'Alba
e riaccendi l'ultimo lume
depredato dagli artigli
di un tramontato cielo.
Ma ti accorgi che il silenzio,
cattura sempre e soltanto la notte.
Ti accorgi che il velo
di seta trasparente
ha avvolto l'ultimo respiro,
ha zittito l'ultimo battito
tra le pieghe del mattino.
Allora fai un passo a ritroso,
navighi la notte senza remi
e attendi quel vento a favore
che trascina il tuo passo
nel viale alberato dei sogni.
E attendi.
Attendi che la morsa del possesso
reclami il tuo tempo.
E attendi.
E nel frattempo, sogni.
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