Sul ‘chi’ e sul ‘come’…
by
enricotomaselli
Nel processo che sta attraversando la città di
Napoli (e non solo), che si segnala per una rinnovata partecipazione dal basso
ai processi politici ed amministrativi, si è nei giorni scorsi segnata un'altra
tappa, ovvero la co-convocazione (da parte dell'amministrazione comunale e dei
movimenti) di un tavolo di confronto comune, destinato ad aprire una fase nuova
ed ulteriore, quella che apre il percorso che porta dall'ascolto alla
decisione. Ovvero, la definizione degli strumenti e delle modalità attraverso i
quali i cittadini possano esercitare direttamente un potere
decisionale.massa-critica-ph-Mario-Spada. Nel corso di questo incontro, sono
emerse alcune questioni cruciali, che attengono non solo agli aspetti pratici
e/o giuridico-formali, attraverso i quali il suddetto processo deve andare a
sostanziarsi, ma anche questioni - potremmo dire - di principio.Una prima
questione, quindi, è quella che inquadra politicamente questo (seppur parziale)
passaggio di poteri. In passato si è in più occasioni parlato di cessione di
sovranità, da parte dell'amministrazione pubblica, e quindi è sicuramente
apprezzabile lo sforzo di avanzamento linguistico con cui il Sindaco ha parlato
invece di consegna di sovranità.Purtuttavia, credo sia necessario dire con
chiarezza che, in entrambe i casi, siamo in presenza di espressioni improprie,
il cui uso rischia di inquinare concettualmente ciò di cui si sta parlando - e
che, soprattutto, si sta praticando.Il punto è che la sovranità appartiene già
ai cittadini, sulla base del dettato costituzionale - cioè del patto fondativo
della Repubblica.
Ciò che si sta cercando di praticare a Napoli, così come
altrove, quindi, è qualcosa di diverso. Si tratta di un processo di
restituzione di pezzi di sovranità direttamente ai cittadini, che si è avviato
in quanto sia questi che l'amministrazione comunale sono consapevoli del fatto
che lo strumento attraverso cui si è sinora esercitata questa sovranità - la
delega rappresentativa - è entrato profondamente in crisi, al culmine di un
processo di svuotamento progressivo che lascia oggi sul terreno una delega
formale, senza più alcuna effettiva rappresentanza.Appare chiaro che, nel
quadro normativo dato, dare forma giuridicamente valida a questa restituzione,
non è cosa semplice, né tantomeno rapida. Anche perchè le risposte a queste
domande non ci sono già, trattandosi semplicemente di individuare il percorso
più agevole per renderle effettive, ma dovranno necessariamente emergere nel
corso del processo.Al tempo stesso, è invece chiaro sin d'ora quali sono i nodi
sostanziali, con cui deve confrontarsi questo processo. Ovvero, il terzo
elemento mancante nel titolo: il cosa.Quali sono gli ambiti su cui verranno
chiamate a decidere, le assemblee dei cittadini *? Quali sono le dimensioni
territoriali su cui decidere? Quali sono le precondizioni perchè si possa
ragionevolmente esercitare un potere decisionale? Su cosa è possibile
esercitarlo e su cosa no?Sempre in occasione del tavolo, è stato sottolineato
come l'effetto nimby (Not In My BackYard) possa manifestarsi, con effetti
paralizzanti, nelle assemblee di territorio. Per evitare questo rischio, però,
la soluzione non può essere quella di delegareall'amministrazione alcuni ambiti
di decisione, ma solo quella di estendere la dimensione territoriale delle
assemblee in base alla dimensione delle questioni.In termini generali, e di
prospettiva, è chiaro che le assemblee dei cittadini possono ragionevolmente
esprimersi su ambiti micro e macro - lasciando alle amministrazioni di vario
livello gli ambiti intermedi. Possono cioè assumere decisioni relativamente a
problematiche specifiche e circoscritte, ovvero esprimere orientamenti
strategici generali. Alle amministrazioni resta la delega a decidere su tutto
ciò che si colloca tra questi due estremi, e più in generale il potere
esecutivo - ovvero ciò che riguarda l'attuazione delle decisioni.Infine, la
questione dei tempi. Parlando di un processo, e quindi di qualcosa che per sua
natura è in divenire, è chiaro che - entro certi limiti - si tratta di tempi
non brevi. Trovare le soluzioni funzionali, politicamente sostenibili, e
tradurle poi in atti normativi, è - appunto - un processo che richiederà i suoi
tempi.Ma, al tempo stesso, vi sono questioni strategiche (alcune delle quali
emerse nel corso della discussione: Bagnoli, il porto, la gestione dei flussi
turistici...) che sono già sul terreno, e che - proprio per la rilevanza
profonda e di lunga durata - devono in qualche modo essere affrontate sin
dall'oggi. Il che, trattandosi anche di questioni complesse, su cui gravano
interessi e poteri diversi, lo rende ancor più complicato ma ancorché
urgente.Rispetto alle principali questioni strategiche della città, in questa
fase, è necessario che l'amministrazione pubblica faccia uno sforzo suppletivo,
aprendosi ancor più all'ascolto, e facendosi carico di una maggiore
rappresentanza (ed una minore delega), proprio in virtù di quella
consapevolezza condivisa che il sistema istituzionale, quale è dato oggi, è
insufficientemente democratico.Non si tratta qui di prevaricare i poteri e
l'autonomia dell'amministrazione, quanto piuttosto - in una fase transitoria -
dell'esigenza che (almeno sulle questioni strategiche) sia l'amministrazione
stessa ad attivarsi per coinvolgere direttamente la cittadinanza nei luoghi e
nei momenti in cui, de facto, si definiscono gli orientamenti; e soprattutto
che, quando si giunga alle decisioni, queste non siano assunte senza un
preventivo confronto pubblico con i cittadini, e - cosa più importante - non in
contrasto con gli orientamenti da questi espressi.
....
*Personalmente continuo a preferire il termine
cittadini a quello di abitanti, che mi suona più occasionale, impolitico. Sarà
perchè lo associo immediatamente alla Rivoluzione Francese del 1789, cioè
quella rottura epocale che fece cittadini coloro che erano soltanto sudditi. E
che per fare ciò, tagliò la testa ai reali ed ai nobili. Molto più che una
semplice sovversione dei poteri, ma un atto - anche simbolicamente forte - che
spazzava un dogma culturale profondo, quello della discendenza divina dei re.
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