La Primavera dei Ciliegi, il nuovo libro di Mattia Cattaneo

by Maura Mantellino
In questi giorni è uscito il romanzo di Mattia Cattaneo intitolato LA PRIMAVERA DEI CILIEGI ( collana Le cose che pensano) edito da La collina dei ciliegi.
Un racconto scritto con il cuore. Jacques ed Helene. Due nomi, due cuori. Attraverso la loro storia, gioie, abbracci, dolori e sofferenza si ergono a palcoscenico di vita. Emozioni che fluttuano attorno al loro universo dove si incontrano là, al ciliegio, elemento imprescindibile del loro incontro e della loro unione successiva.
Ho avuto il piacere di leggere questa  prima opera di Mattia Cattaneo e devo dire che mi ha affascinato sia per la storia sia per la freschezza e  l’innovazione della scrittura. Il linguaggio usato dall’autore sfiora momenti di autentica creazione emotiva. Ma la novità di questo bellissimo racconto è la narrazione in prima persona e l’utilizzo della scrittura al femminile: l’autore riesce a definire il clima e l’atmosfera scrivendo in modo frizzante ed esemplare i le traversie di una bambina, poi ragazza che diventerà donna in un ambiente piccolo borghese di una città di provincia, Tours, durante gli anni precedenti la seconda guerra mondiale. La storia di questo piccolo mondo femminile si dipana durante i terribili anni della guerra e i personaggi quasi tutti al femminile sono tratteggiati con estrema maestria. La descrizione della vita dei protagonisti è tutta d’una straordinaria tensione emotiva quasi ‘visiva’, le tenebre, le paure, il dolore della perdita del proprio compagno,  i silenzi ma anche l’apparire di momenti di felicità anche se conditi dalla solitudine, di Hèlene Montreuil , la protagonista, rendono immenso il ricordo, la memoria, la lotta per la sopravvivenza. Si può dire che l’esperienza biografica di Hèlene, di Annette, di mamma Edith, di Jacques è da intendere anche come modo di essere, come ansia di libertà e di giustizia, come ricerca esistenziale di un mondo più giusto, di altro dalla limitante realtà presente. Bellissimo il ritratto della domestica di colore, poi amica della protagonista, Annette, nata in Costa d’Avorio. Infine si nota nel proseguo del racconto quasi un movimento coloristico e musicale della trama che ha un ritmo incalzante intercalato spesso da attimi di gioiosa riflessione.
In alcuni momenti ritroviamo, anche, un attento tentativo di comunione e di penetrazione della parola con la parte più intima dell’animo dell’io narrante. Vi è un modulo stilistico preciso e alcuni immagini danno vita a elementi fisici ben determinati che in alcuni passaggi si caricano di significati quasi poetici. Ho iniziato a leggere le prime righe di questo romanzo e non sono riuscita a fermarmi se non alla fine del libro!
Consigliatissima la lettura!
Dal Prologo
Tours. Estate.
    Nonostante il sole stia battendo sulla mia pelle, rendendola alquanto rossiccia e facendo sì che i raggi si esprimano in tutto il loro calore, la mia mente ripercorre, sotto questo vecchio ciliegio francese, all’alba dei novant’anni, con dovizia di particolari, soggiogata da pure emozioni ed esacerbate malinconie, gioie notevoli e dolori profondi che hanno riempito gli anni della mia vita.
    Questo valzer dei ricordi si accende in me, Hèlene Montreuil, come il fuoco vivace di un camino che riscalda un’ambiente, oscuro, tetro, pieno di ombre e specchi, di una vita che mi ha lasciata, ora, da sola, come il gabbiano che in solitudine esplora il blu del mare.

   Non abito molto lontano da Nantes, una ridente cittadina della Francia occidentale, che mi ha conosciuto per le notti che trascorrevo in una piccola patisserie in Rue de Garden, pronta ad impastare con le mani, già ruvide all'età di vent'anni, per sfornare croccanti baguette e deliziosi croissant. Mi piaceva correre in mezzo ai vasti prati che costeggiavano la strada principale che da Nantes porta a Tours, dove abitavo con la mia adorata zia Annette.
    Chiamarla zia potrebbe essere una contraddizione, soprattutto perché io di carnagione chiara, direi quasi di un bianco marmoreo, e lei di carnagione scura, simile ad un cioccolatino fondente, come quello che io solerte, rubavo alla signora Troembeil, amica di vecchia data di mia madre, e proprietaria di una patisserie, in fondo alla via della nostra casa.
Annette rappresentava la mia salvezza. Sapeva sempre cosa dirmi al momento opportuno, sapeva cosa dicessero i miei occhi, ascoltando il mio sguardo ogni volta che me ne stavo in silenzio. Potrei dire che fu la custode delle mie confidenze e delle mie paure.
    Non potevo nasconderle nulla, e non volevo. Annette mi ha portato nel suo cuore dal momento che i miei genitori sono andati in Cielo. Il suo sorriso amabile e la sua grande forza di volontà la rendevano unica in tutti i sensi.
   Se c'è un motivo particolare per cui non lascerei mai Tours è per il ciliegio in cima alla collina. Imponente e delicato allo stesso tempo. Là si che trovavo pace con i miei sensi, e sotto quel manto di boccioli bianchi con venature e sfumature rosa pallide capaci di emanare un gradevole profumo, un giorno, avrei trovato il mio grande amore.
   La vecchia sedia a dondolo, in legno di frassino, ha smesso di danzare dolcemente, fuori da quella piccola casa dove le mura hanno ascoltato per anni, frammenti di una vita vissuta. Il vento volteggia su se stesso regalandoci una danza speciale, sinonimo di sapienza e virtù.
   Ora lascio spazio solo al ricordo, e alla luna, che padroneggia il cielo, tra le stelle che l’abbracciano in un silenzio ancestrale.




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