IN LOTTA CON LE DONNE E COMPAGNE POLACCHE

Alessandria: Quanto sta accadendo in Polonia è la testimonianza che da sempre,  l’affermazione di regimi autoritari e conservatori nell ’Europa dell’Est, a seguito della restaurazione del Capitalismo, si accompagna ad una drammatica retrocessione sul piano dei diritti sociali e civili della popolazione, in un clima  culturale su cui incombe, con una chiara funzione reazionaria, la cappa della morale cattolica.
In Polonia tale scenario vede ancora una volta vittime le donne, con una proposta di legge che voleva ridisegnare la normativa sull’aborto in chiave ancora più restrittiva rispetto a quella vigente, prevedendo  il divieto totale di aborto ed il carcere per chi lo pratica. 
Attualmente, l’interruzione di gravidanza è permessa solo in caso di rischio di vita per la madre, gravi ed irreversibili deformazioni del feto, se determinata da violenza o incesto. 
Le donne polacche hanno quindi deciso di lottare ed è come donne in lotta che ad esse ci rivolgiamo con grande partecipazione, spirito di solidarietà, vicinanza ed ammirazione.
Nei primi giorni di Ottobre Czestochowa, città cattolicissima, il 60% delle donne non si è presentata al lavoro; a Cracovia e Varsavia, ristoranti, bar e locali pubblici  sono rimasti chiusi e  grande è stata la partecipazione del personale femminile ai cortei, così come in ogni scuola ed università.
Il regime reazionario del Presidente Jaroslaw Kaczynski che si è particolarmente impegnato nell'attacco ai diritti sociali e civili di lavoratrici e lavoratori, tanto da provocarne la reazione di massa, sembra  ora aver fatto un passo indietro e ritirato il disegno di legge.

La donna  polacca come soggetto sociale,  individuo che trae coscienza dal suo essere collettivo, ed in virtù di tale coscienza ed appartenenza decide di lottare attraverso le forme storiche dello sciopero, della partecipazione popolare a cortei e sit-in, rifiutando di svolgere le tradizionali mansioni, porta a casa, ora, un piccolo successo.
Ma Il movimento delle “donne in nero”, così si chiama la protesta, non si fermerà. E’ ancora lungo il lavoro da fare, altro terreno andrà sottratto al dominio della cultura oscurantista e bigotta che da anni, anche in Italia con il sempre crescente tasso di obiettori di coscienza nelle strutture pubbliche, sta minacciando la praticabilità di un diritto conquistato a grande fatica, un diritto legato all’ autodeterminazione della donna e  alla possibilità di scegliere, in modo consapevole,  la dimensione della  propria maternità e non già  subirla come derivata di un retaggio sottoculturale che la vuole  variabile passiva di una funzione strettamente biologica.
Qualsiasi donna che sia ricorsa all’interruzione volontaria della gravidanza, conosce la sofferenza che accompagna una simile scelta; come la macabra coda di un abito scuro questa sofferenza spesso la segue, si fa scia di dolore, senso di colpa su cui ricostruire un difficile cammino fondato su una sessualità vissuta in modo più consapevole.
Ma taccia lo Stato, taccia la Chiesa, tacciano i vessilliferi di ogni religione, si faccia silenzio e si chiudano le bocche, dinnanzi a voi donne polacche che oggi avete scelto la nobile forma della lotta per opporvi a provvedimenti che ledono il vostro inalienabile diritto di libertà, che è peraltro  ancora largamente leso dalle leggi vigenti.
Altre lotte quindi attendono le donne di Polonia, a cui non mancherà la nostra solidarietà di genere  e di classe.
Renato Kovacic












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