UNITI CONTRO IL BULLISMO – IL CORAGGIO DI MARIO by Silvia Cozzi

IL CORAGGIO DI MARIO –SILVIA COZZI

-Alzati pigrone, farai tardi e non ho nessuna intenzione di giustificarti- Giovanni quella mattina non aveva voglia di andare a scuola. Era la seconda volta che sua madre lo chiamava e lui si coprì le orecchie con il cuscino per non sentirla.
Alla fine, a malincuore, si diresse verso la cucina per la colazione.
La mamma, Luisa, come al solito aveva imbandito il tavolo della cucina: cappuccino, ciambellone e crostata alla nutella lo guardavano allettanti. Giovanni era un ragazzo di 15 anni con il viso paffuto e pieno di brufoli, gli occhi marroni dietro ad uno spesso paio di occhiali da vista e i capelli castani; era obeso, mangiava voracemente, in modo convulsivo. A causa della sua mole e del suo aspetto goffo era diventato lo zimbello dei compagni di classe. Spesso veniva deriso ed era vittima di soprusi. Si sentiva diverso e la sua timidezza lo inibiva rendendolo vulnerabile.
Si sedeva sempre all’ultimo banco dell’aula cercando di non dare nell’occhio. Spesso il posto vicino a lui era vuoto: nessuno gli voleva sedere accanto. Il ragazzo soffriva, si sentiva inadeguato. Le ragazzine lo guardavano con disprezzo e lo evitavano. Ormai si era talmente chiuso in se stesso che la solitudine era diventata la sua compagna.
A sua madre non aveva mai raccontato nulla, la donna sembrava sottovalutare il problema della sua obesità, continuava a cucinare imperterrita piatti ipercalorici e si offendeva a morte se Giovanni non finiva tutto quello che aveva preparato. Il ragazzo era figlio unico, Luisa si era separata dal marito quando lui aveva solo 5 anni. Per la donna quel figlio era l’unico scopo di vita e riversava su di lui il suo amore, le sue aspettative e le sue frustrazioni. Il ragazzo faceva di tutto per compiacerla omettendole i maltrattamenti e le pressioni psicologiche che subiva dai suoi compagni. Il padre non si interessava più di lui da tempo: aveva una nuova compagna con la quale aveva avuto altri due figli. I professori non si erano mai accorti di niente e lui non aveva mai segnalato loro il disagio che stava vivendo.
Il tragitto da casa alla scuola era breve, in genere lo percorreva a piedi. Mentre camminava con la testa fra le nuvole, Giovanni si rese conto che due ragazzi si stavano avvicinando a lui ridendo e ammiccando tra di loro. Erano Simone e Marco, due teppisti, più grandi di lui di un anno, ammirati ed idolatrati per la loro strafottenza e per il prestante aspetto fisico.
-Ecco lo sfigato! Ciao quattrocchi, palla di lardo. Stamattina fai particolarmente pena! Sei sempre più grasso- disse Marco. I due ragazzi si pararono avanti a lui con fare minaccioso e cominciarono a strattonarlo. –Se vuoi che ti lasciamo in pace ci devi dare il tuo cellulare, altrimenti ti gonfiamo- disse Simone. Non era la prima volta che gli estorcevano soldi o oggetti, ma il cellulare era nuovo, gliel’aveva regalato la madre mettendo da parte i magri risparmi, era un I-fhone, nemmeno dei più sofisticati, ma per lui era di grande valore; stufo di quelle prepotenze, decise di reagire.
-Siete dei vigliacchi, non ho paura di voi, non vi darò proprio niente, girate le chiappe e toglietevi dalle palle- si sorprese a rispondere.
Il primo pugno lo colse inaspettato e lo prese al volto spaccandogli il naso che cominciò a sanguinare, Giovanni perse l’equilibrio e cadde per terra, mentre i due energumeni continuavano a colpirlo.
La gente passava, ma nessuno interveniva, anzi, affrettavano il passo per paura di essere coinvolti nella rissa.
Mario, anziano signore in pensione, quella mattina era seduto sulla solita panchina a crogiolarsi al sole di marzo. La scena si presentò davanti ai suoi occhi inaspettata e il suo carattere indomito e propenso alla giustizia prese il sopravvento. Si scagliò contro i ragazzi tentando di fermarli –Lasciatelo stare vigliacchi, cosa vi ha fatto? Basta! Fermatevi! Così lo ammazzate!- Ma la furia dei ragazzi travolse anche lui, lo riempirono di botte e di calci lasciandolo inerme sul selciato.
Giovanni riuscì a rialzarsi a fatica; malconcio e dolorante si avvicinò a Mario e si rese conto che era privo di vita. Si inginocchiò davanti a lui piangendo.
Da quel giorno l’esistenza del giovane cambiò: denunciò tutti gli atti di bullismo di cui era stato vittima e con l’appoggio di sua madre e di uno psicologo, riuscì a dimagrire e a ritrovare la stima in se stesso.

Il sacrificio di Mario, scaturito dall’insensibilità e dall’indifferenza, non era stato vano.

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