Ancora sulla peste, la vera Provvidenza nei "Promessi sposi"

Ancora sulla peste, la vera Provvidenza nei "Promessi sposi"
by Elvio Bombonato
Alessandria: Prendo spunto dal saggio, davvero innovativo, di Marco Candida, pubblicato da Città futura. L'autore presenta spunti interessanti e inattesi in quella miniera d'oro che è il romanzo di Manzoni, confortati da alcune analisi testuali ineccepibili.
Premesso che, a mio parere, la splendida ironia di Manzoni, sia autore omnisciente sia calato nei personaggi (imperdibili i dialoghi Perpetua- donAbbondio, sia in canonica sia altrove), sia il modo che un introverso usa per dissimulare (però talvolta anche evidenziare) le proprie idee, affetto da molti Doc (Disturbo Ossessivo e Compulsivo). Pessimo padre e pessimo marito: ha "ucciso" Enrichetta con le molteplici gravidanze, nonostante l'ammonimento dei medici; si recato a Firenze, per incontrare alcuni amici, poco dopo la morte della figlia Matilde, la quale per anni gli chiedeva di venirla a trovare ecc.; rinchiuso vent'anni nel proprio studio a riscrivere, persino nella punteggiatura e nei pronomi un romanzo composto in tre anni, insieme agli altri suoi capolavori, tormentando il proprio vocabolario fiorentino vivente, Emilia Luti, retribuita suppongo col minimo sindacale.
 Ebbene, Manzoni è l'autore più pessimista della nostra letteratura, perché non crede nell'azione degli uomini, sia dei buoni sia dei malvagi.  Messo davanti a un pessimistometro, sarebbe di gran lunga in vetta.
Vediamo la trama, cominciando da don Rodrigo: all'epoca le probabilità che una 16enne, figlia unica di madre vedova, riuscisse a sfuggire alle attenzioni di un potente (che certo non la vuole sposare, si tratta di un capriccio e di una scommessa; la sua gelosia verso Renzo è in parte passione erotica per la verginella, in parte causata dall'affronto subìto) erano praticamente zero.  Il primo rapimento di Lucia fallisce perché nella notte degli imbrogli, il sacrestano in mutande si mette a suonare le campane. e i ferocissimi bravi fuggono a gambe levate.
  Padre Cristoforo ha perfettamente organizzato tutto, ma ignorava che Lucia, ospitata con la madre a Monza, in un luogo inaccessibile in quanto monastero di clausura, fosse capitata tra le mani della monaca più corrotta dell'epoca, perdipiù ricattata dall'amante.  Don Rodrigo, disperato, si rivolge al massimo bandito della zona, che riesce effettivamente a rapire Lucia, ma è in preda a una lunga e grave crisi esistenziale. La vede piangere, non riesce a dormire, incontra il Cardinale.  Lucia è salva e sottoposta alla terapia implacabile dell'ottusa donna Prassede, la quale per farle dimenticare Renzo, da lei ritenuto un poco di buono, gliene parla in continuazione.
Renzo appunto, testa calda, viene mandato da padre Cristoforo, al fine di proteggerlo da don Rodrigo, al convento dei cappuccini di Milano, sicuro che sarà ospitato. Non trova il destinatario, padre Bonaventura, va in città proprio il giorno della sommossa del pane, e si caccia nei guai, uscendone com la sua furbizia contadina e riuscendo ad espatriare passando l'Adda.
Trascorrono due anni; i due fidanzati si incontrano al Lazzeretto di Milano, entrambi guariti dalla peste.  Con l'aiuto di padre Cristoforo, rivede Lucia. Il colloquio memorabile si svolge così:  Renzo “Lucia!”; lei algida “Ciao; la mamma non ti ha detto che ho fatto il voto di castità?”, lui con la sua furbizia di contadino innamorato (vedi la splendida pagina di Gadda su Renzo che attende impaziente il matrimonio,  “Iviaggi e la morte “p.92 ), le  propone di cambiare il voto: “La prima figlia che avremo la chiameremo Maria”, l'esatto contrario di quello espresso da Lucia. Padre Cristoforo scioglierà Lucia dal voto, avviando il lieto fine.
Dunque Manzoni non crede nelle azioni degli uomini, anche quelle dei buoni si ritorcono contro di loro e quelle dei malvagi vengono giustamente vanificate, vedi la terribile morte di don Rodrigo, ormai incosciente in agonia, assistito proprio dal suo “nemico” padre Cristoforo.
La vicenda del romanzo viene decisa dalla Provvidenza, che si muove con la carestia, la guerra portata dai Lanzichenecchi, la peste, la quale, come giustamente ricorda Marco Candida , colpisce indifferenziatamente tutti, buoni e malvagi.
                                                                                                                 elvio bombonato


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