Il Natale di don Walter Fiocchi

Il Natale di don Walter Fiocchi
Domenicale Agostino Pietrasanta
Martedì scorso, 20 dicembre, c’è stata, in libreria Mondadori, la presentazione dell’ultima antologia, in ordine di tempo, delle omelie di don Walter Fiocchi. Il testo prende titolo, “Il Prodigo” dal primo pezzo della raccolta, un commento del 1983 alla ben nota parabola del figlio che pretende, dal padre, la sua parte di beni e la va a sperperare nel vizio e nella dissolutezza. Siamo, a ben vedere, negli anni in cui l’omiletica insisteva ancora sulle colpe del protagonista traviato dal vizio o, più raramente, sulla misericordia e l’amore paterno e l’accoglienza della casa prima abbandonata. Don Walter, pur sottolineando la tenerezza del padre, prima abbandonato, si sofferma sulla insensibilità del fratello maggiore e sulla sua supponenza di uomo delle regole e della pratica corretta condotta nella sua famiglia e sulla sua ostentata opposizione all’accoglienza del fratello minore e sull’indifferenza alle pene ed alla fragilità del peccatore. Forse l’ambiente della presentazione si è prestato tanto involontariamente, quanto provocatoriamente, a questo registro interpretativo; la sala era affollata, ma mancavano proprio i sedicenti fratelli maggiori: preti, uno; associazionismo e movimentismo cattolico, zero. Probabilmente col concorso dei media ecclesiastici che hanno ignorato, in modo assordante l’avvenimento; eppure si trattava di parlare di omelie.

Tuttavia, siamo a Natale e tra le omelie di don Walter, sia nel volume di cui si accenna, sia in altri volumi, precedentemente pubblicati, il Natale occupa un posto centrale: però i richiami dello scomparso sacerdote, risuonano del tutto inediti, rispetto alla omiletica corrente. Egli rifiuta non solo la festa delle luminarie, dimentica dell’evento di salvezza, cosa che fanno in parecchi, anche con querula ripetitività, non rifiuta solo la festa di una poesia edulcorata e retorica di un Natale improbabile. Punta direttamente ai protagonisti presenti presso la capanna del Bambino, i pastori, ed i magi, gli esclusi per predeterminazione (i pastori) ed i lontani per definizione ( i magi) i quali sperimentano un’accoglienza che oggi chi viene da lontano, spesso non trova. E non la trova neppure in quelli che cantano la venuta di Dio e respingono l’arrivo del prossimo, del fratello minore, fragile ed in difficoltà. Ma don Walter rifiuta in particolare la figura edulcorata e falsa del pastore innocente e “colorato” trasmesso dalle tradizioni. Dice il testo dell’omelia n.ro 5 del primo capitolo del libro presentato “…Quando l’Evangelista ci presenta i pastori, non intende i bei personaggi del presepio…i pastori della realtà vivevano di furti, non avevano diritti civili…erano descritti con l’immagine del peccatore impuro, non ammesso al Tempio: per loro non c’era salvezza”. Eppure sono loro i chiamati, assieme ai magi; gli uomini dell’aristocrazia farisea non sono presenti, presso la capanna.
Forse, però, è questa capanna che diventa la protagonista più richiamata da tutta la predicazione del Fiocchi sul Natale: si tratta di una capanna di difficile accesso per chi è troppo carico di beni ricercati con opulenza. L’ingresso è stretto per gli obesi del benessere; non permette l’ingresso di chi è oberato di orgoglio superbo e supponente, di chi vuole essere il più importante, di chi vuol sempre imporre la sua presenza a scapito dei più umili, di chi vuol sempre sedere ai tavoli della presidenza. Per tutti costoro le dimensioni dell’ingresso fanno da impedimento all’accesso. Il Bambino sfugge alla loro vista.
Forse si tratta di un’omiletica che potrebbe essere rivalutata; quando però si potrà pensare ad un contesto diverso da quello che oggi sperimentiamo, nonostante i pressanti richiami di Papa Francesco.



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