Quando la malasanità colpisce gli animali

Arca2000 e la battaglia per la tracciabilità dell'operato veterinario
La morte di un animale di famiglia è un lutto: lo sa bene chi ha vissuto questa triste esperienza. Se a causare la morte è stato un caso di malasanità animale, al dolore si aggiungono rabbia e impotenza poiché, davanti agli errori della malasanità, gli animali non sono sufficientemente tutelati.

Arca2000 è un’associazione onlus che ha sede legale a San Benedetto del Tronto (AP), è iscritta al Registro Regionale delle Associazioni di Volontariato della Regione Marche ma è operativa su tutto il territorio nazionale nell’occuparsi di malasanità animale, promuovendo iniziative e proposte legislative allo scopo di assistere, informare, tutelare e combattere questo fenomeno.

Daniela Ballestra, fondatrice e Presidente, spiega le ragioni che l’hanno portata a dare vita a questo progetto. «L’associazione Arca2000 per i diritti dell’animale malato è nata nel 2003 a seguito di un episodio di malasanità animale che ha causato il decesso della cagnolina Panna, nel 2002, per una grave infezione uterina, diagnosticata dal veterinario come acidità gastrica  e poi  come colica epatica. Abbiamo assistito al rifiuto di soccorrere Panna in orario notturno da parte  dell’unico veterinario reperibile e purtroppo alla sua successiva morte, dopo due giorni di  inutili e tardive cure. La vicenda ha messo in luce una realtà fatta di omissioni, vuoti legislativi e comportamenti discutibili che non rendono onore al decoro della professione veterinaria. Purtroppo non si tratta di un caso isolato; sono frequenti gli episodi in cui, per trascuratezza e scarsa diligenza, vengono male interpretati i sintomi osservati, al punto da cagionare grave danno se non morte dell’animale. In questi casi, il familiare dell’animale danneggiato o deceduto deve produrre prove costituite da documentazione clinica della prestazione professionale. Attualmente, purtroppo, la tracciabilità dell’operato veterinario è lasciata all’iniziativa personale e diversi  veterinari non rilasciano cartelle cliniche, anche se sarebbe un loro dovere deontologico. Le cartelle cliniche dovrebbero essere un obbligo e risulterebbero utili sia per il veterinario, che necessità di un pro memoria terapeutico, sia per il cliente a garanzia di trasparenza e tracciatura di diagnosi e cure.  Al momento, l’unica regola che esiste per i veterinari è  il codice deontologico su cui vigilano i rispettivi ordini professionali provinciali ma esso è una norma interna di precetto che non ha alcun effetto di legge»

L’art. 4 prevede la potestà disciplinare: «Spetta agli organi disciplinari la potestà di infliggere sanzioni adeguate e proporzionate alla violazione delle norme deontologiche.» ma trattandosi di “potestà”, si può immaginare che essa non venga necessariamente esercitata.
L’art. 8 stabilisce che «L’inosservanza o l’ignoranza dei precetti, degli obblighi e dei divieti fissati dal presente Codice Deontologico costituisce abuso o mancanza nell’esercizio della professione o fatto disdicevole al decoro professionale, perseguibile disciplinarmente ai sensi delle vigenti Leggi.» ma anche in questo caso, non è sempre facile intervenire.
Per questo Arca2000 da diversi anni promuove un’importante battaglia per chiedere che sia legiferato l’obbligo legale di tracciabilità dell’operato veterinario, così come avviene per i  medici degli esseri umani. La malasanità animale è una piaga da sanare quanto quella umana. Perdere un animale amato per la leggerezza di qualcuno a cui ci rivolgiamo con fiducia, pensando che sappia curarlo, è un’ingiustizia. Il problema, seppur molto diffuso, è ancora poco monitorato. Quando l’animale ha subito un danno, è importante recarsi da un altro veterinario e farsi rilasciare documentazione clinica da comparare con la precedente acquisita. Qualora la condotta passiva o negligente del medico sia provata quale causa del danno o decesso dell’animale, si può procedere rivolgendosi a un legale di fiducia per valutare se vi siano gli estremi per una denuncia ai sensi dell’art.638 del Codice Penale ‘Danneggiamento e uccisione di animali altrui’. In caso di decesso dell’animale, è importante fare eseguire l’autopsia da un Istituto Zooprofilattico o Istituto Universitario Veterinario o Clinica Veterinaria privata diversi dalla struttura in cui è deceduto l’animale. L’esame autoptico può essere anche disposto dall’Autorità Giudiziaria che abbia ricevuto domanda di accertamento medico legale tramite una richiesta inoltrata da un avvocato che rappresenti la parte lesa.
La colpa sussiste ogni volta che vi siano negligenza, imperizia, omissione,imprudenza. Il veterinario è l’unico soggetto a cui la legge attribuisce la responsabilità di controllo e accertamento dello stato di benessere o sofferenza di un animale. Il comportamento del veterinario può essere sanzionato da alcuni articoli del Codice Penale: art.43 (elemento psicologico del reato), art.51 (esercizio di un diritto o adempimento di un dovere), art.365 (omissione di referto), art.373 (falsa perizia o interpretazione), art.481 (falsità ideologica in certificati), art.638 (uccisione o danneggiamento di animali altrui). Al Codice Penale si aggiungono le norme prescritte dalla Legge 189/2004 ‘Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate’.
Daniela sottolinea l’importanza della scelta del veterinario: «I principali requisiti da chiedere a un veterinario sono: onestà, disponibilità, competenza, trasparenza e correttezza, fattori fondamentali che costituiscono una solida base per una corretta pratica veterinaria quindi garanzia delle migliori cure. Solo conoscendo i nostri diritti e i loro doveri, possiamo scegliere con consapevolezza professionisti seri a cui affidare il nostro animale. Bisogna fare attenzione che nell’ambulatorio veterinario in cui portiamo il nostro animale vi sia una strumentazione adeguata; che il veterinario proceda alla compilazione di una cartella clinica computerizzata con l’anamnesi dell’animale; che esegua tutti gli esami necessari prima di un’operazione chirurgica e prima di somministrare qualsiasi farmaco; che ci informi su dosaggi, controindicazioni e possibili effetti collaterali dei farmaci somministrati; che sottoponga un modulo di consenso informato sia per le terapie farmacologiche che per gli interventi chirurgici; che certifichi le terapie e rilasci referti degli esami effettuati; che compili un libretto sanitario con le vaccinazioni annuali e gli eventuali interventi chirurgici eseguiti».
In medicina veterinaria non esiste un obbligo di legge sul consenso informato, contrariamente a quanto accade nella medicina umana che invece lo prevede addirittura all’art.32 della Costituzione: «La Repubblica tutela la salute come diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.»

Se è vero che nei modelli di consenso informato per gli esseri umani troviamo informazioni chiare e dettagliate su tutti i trattamenti sanitari a cui sarà sottoposto il paziente e sulle eventuali complicanze, i modelli di consenso informato in uso nelle strutture veterinarie sono scarni, generici, poco dettagliati: essi non sono previsti per legge ma solo dall’articolo 33 del Codice deontologico: «Acquisizione del consenso – Il Medico veterinario non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso esplicito e informato del cliente. Il consenso deve essere espresso in forma scritta nei casi in cui, per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse, sia opportuna un’accettazione documentata».

In 14 anni di attività, Arca2000 ha intrapreso iniziative e affrontato parecchi casi: «Siamo molto orgogliosi di avere abbattuto il muro di omertà intorno al problema della malasanità animale. Quando abbiamo iniziato a denunciare il vuoto legislativo su norme e obblighi legali per la tracciabilità dell’operato veterinario, nessuna associazione animalista lo aveva fatto prima e non vi erano molte informazioni a riguardo. Grazie al lavoro di comunicazione svolto fino a oggi e all’appoggio arrivato sia dalla cittadinanza che dalla stampa, abbiamo dato voce alle vittime dimenticate della malasanità animale, affinché non rimangano solo numeri sepolti sotto un tumulo di terra e la loro morte non sia stata vana. Oggi si è iniziato a denunciare, a reagire senza paura, pretendendo verità e giustizia. Sul sito web dell’associazione è attivo anche uno sportello legale. Inoltre, siamo stati promotori del progetto di legge per la “Regolamentazione della professione veterinaria e la tracciabilità legale dell’operato veterinario”. Nel Maggio 2014 è stato presentato al Senato il disegno di legge n.1482 “Legge quadro e delega al Governo per la codificazione della legislazione in materia di tutela degli animali supportato e sollecitato da centinaia di cittadini italiani che hanno sottoscritto le nostre petizioni in rete e hanno risposto ai nostri appelli periodici per sollecitarne la calendarizzazione e discussione. A oggi abbiamo raccolto oltre 16.000 firme tra quelle cartacee e quelle presenti in rete».

L’associazione Arca2000, se da una parte è di grande aiuto nella tutela degli animali,dall’altra può dare fastidio perché riesce a scoperchiare certe malefatte. Daniela sottolinea: «La nostra battaglia non è contro un’intera categoria ma contro quei professionisti che hanno perso completamente il senso della loro professione. Abbiamo ricevuto condivisione e sostegno da diversi veterinari e studenti delle facoltà di Veterinaria, convinti che la presenza di precise norme di legge possa costituire un buon mezzo per isolare coloro che gettano discredito sull’intera categoria. Permangono tuttavia ostilità da parte di alcune associazioni nazionali della categoria veterinaria che hanno sollevato dubbi su tutto ciò che sosteniamo».

Dunque, la battaglia che si fa è in nome della verità che è pur sempre la risposta più difficile da dare a un paziente perché molto spesso è dura, scomoda e fa male.

Il veterinario, in quanto medico, oltre che curare la malattia, deve curare un paziente che non ha voce: motivo sufficiente per prestargliela nella tutela dei suoi diritti.

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