Il mio soggiorno in colonia, un incubo

Era l’estate 1952, abitavo a Valmadonna un paese in provincia di Alessandria. Tramite l’interessamento di una maestra dell’epoca riuscii ad andare in colonia e raggiungere gli altri bambini già arrivati da giorni ad Arenzano. Partii felicissima perchè avevo l’occasione di vedere il mare ma il mio entusiasmo durò pochissimo poichè mi ritrovai insieme ad altri bambini piagnucolanti e a signorine urlanti e manesche. 
La giornata iniziava alle sei del mattino dopo una notte di pianti continui, andavamo a lavarci (si fa per dire) su una grande terrazza all’aperto, dove c’era un lungo lavandino con sopra un tubo tutto bucato dal quale fuoriusciva acqua gelida e dove ognuno di noi cercava di lavarsi.
In quei giorni mi venne un collo così nero che quando tornai a casa ci volle del tempo per ripulirmi. Ci facevamo ingoiare le pastiglie per il tifo e poi, dopo una piccola colazione, tutti in fila come soldatini si andava in spiaggia.
Io indossavo un costumino giallo con la pettorina rigata di azzurro in pura lana che una volta bagnato mi arrivava alle caviglie tanto era pesante.
Il bagno in mare non volevo farlo poiché l'acqua mi terrorizzava ma venivo gettata di forza senza nessuno che mi aiutasse, annaspavo disperatamente e mi aggrappavo al povero malcapitato che avevo vicino.
Tornavamo in villa accaldati e assetati ma ci era proibito bere per timore del tifo.
A volte il custode di nascosto ci dava qualche mestolo di acqua, rendendoci dissetati e felici. 
La sera ci radunavano nel parco della villa per giocare e poi ci facevano cantare la canzone "buonanotte mamma lontana".

Questo avveniva tutte le sere per l’intero soggiorno e il coro si trasformava immancabilmente in una messa funebre per quanti singhiozzi si levavano al cielo. 
Il mio soggiorno peggiorava di giorno in giorno in quanto cominciai a soffrire di vomito (vomitavo bile) e trascorsi tanti giorni in infermeria. 
L’unica volta che il mio babbo venne a trovarmi, piangendo lo implorai di portarmi a casa, ma egli con le lacrime agli occhi mi rispose che non poteva, perchè non voleva fare brutte figure con la maestra che mi aveva agevolato per il soggiorno. 
Durante una gita al Santuario del Bambino di Praga mi fecero scrivere una cartolina ai miei genitori e io che avevo solo sette anni feci un errore di scrittura, dalla signorina mi arrivò un manrovescio sulla testa che ancora oggi, che ho 70 anni, ne sento risuonare il rumore.
Finalmente venne l’ora di ritornare a casa, ero talmente malconcia che mi dovettero curare per diverso tempo ma per fortuna l’aria di campagna mi aiutò a crescere forte e sana e in colonia non ci tornai mai più.

Minacci Milena

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