"Migranti". Torniamo a ragionare

Alessandria: Ricevo e pubblico un comunicato di Pier Luigi Cavalchini, Direttore della testata Città Futura, responsabile di Pro Natura e capo lista dei Verdi di Alessandria alle recenti elezioni amministrative, con le sue considerazioni in merito alla questione migranti, con riferimento anche alla recente intervista che ho effettuato a Riccardo Molinari della Lega Nord, sul tema in oggetto pubblicherò a breve un post con la mia opinione in proposito. 
Pier Carlo Lava

by Pier Luigi Cavalchini http://www.cittafutura.al.it/
Interessante l’intervista postata su “YouTube” che riproponiamo in chiave critica, al rappresentante della Lega Nord Molinari. Lo facciamo perché, per essere meglio dell’avversario – in politica, ma anche nella vita –, bisogna prima conoscerlo. E la conoscenza, in questo caso, è assai agevole e di facile lettura. Ciò che ci dice, e che proviamo a commentare, è la “vulgata” che ci accompagna nei nostri viaggi in treno, nelle file dal bottegaio, addirittura  nelle attese per le udienze dei professori dei nostri figli. In sintesi : “non se ne può più, troppi immigrati, troppe spese per loro, solo penalizzazioni per i locali”. Per i “locali” e non per i padani, un tratto importante che ci preme mettere in luce. Molinari, come fa da circa tre anni lo stesso segretario Salvini, promuove più una “Lega Italia” che una sola lega nord, estensibile anche a chi è in Italia e lavora regolarmente con famiglia  da anni  (aggiungeremmo “qui da noi”). Quasi una “Lega delle persone per bene” o, se qualcuno ne ricorda il significato…”Una Lega per il Sistema”. Non a caso ha fatto scalpore la dichiarazione di un giovane apprendista albanese con regolare residenza in Alessandria che ha tenuto a sottolineare (altro che “ammesso”…. , proprio “tenuto a sottolineare”) che lui ha votato “lega” e che per eventuali nuovi arrivati, specie se in condizioni difficili, non c’è posto.

Cosa prescrive il “Decreto Minniti / Orlando”
Molinari, per chi avrà la bontà di “beccarsi” il video, concentra il suo semplice ma “diretto” eloquio sui recenti “provvedimenti Minniti/Orlando” facendo presente che il PD ha dovuto rivedere le sue “precedenti posizioni buoniste” ed ora prova a  “correre ai ripari”. Non manca qui una stoccata ‘bella forte’ sul ripristino della centralità (e del peso) dei Sindaci in tutta la partita “integrazione”, una piccola rivincita leghista visto il pronunciamento contrario – su una simile richiesta di Salvini e co . - della Corte Costituzionale nel 2014. Probabilmente il pensiero di Molinari va (anche se non lo esplicita) alle sostanziali variazioni apportate alle modalità di concessione del “diritto d’asilo” e allo stravolgimento dei CIE. E qui, qualche riferimento al decreto è d’obbligo. Il documento – per espressa definizione  subito in apertura -  ha l’obiettivo di rendere più semplici le espulsioni di migranti che si trovano irregolarmente in Italia e di accelerare la gestione delle richieste di asilo, un procedimento che oggi dura spesso più di un anno.


Una delle basi d’impianto è la creazione di una rete di centri per espellere migranti irregolari dal territorio italiano. L’attuale sistema è basato su sei “Centri di identificazione ed espulsione” (CIE) dove i migranti vengono trattenuti prima di essere espulsi dal territorio italiano. In media il sistema ha una capienza di seicento posti. Il CIE più grande è quello di Roma, che ha circa 250 posti. I CIE sono da anni molto criticati perché ospitano i migranti in condizioni poco dignitose, che più volte hanno causato rivolte e scontri con la polizia.
Comunque questi CIE saranno sostituiti da diciotto centri più piccoli, i “Centri di permanenza per il rimpatrio” (CPR), ognuno con una capienza di circa cento posti, tutti situati lontano dai centri urbani e in prossimità degli aeroporti. La motivazione dell’ubicazione è facilmente intuibile.

Grazie a questo sistema, il governo spera di riuscire ad aumentare il numero delle espulsioni, che oggi sono poche, rispondendo indirettamente a più sollecitazioni provenienti da diverse parti dell’emiciclo parlamentare e – ovviamente – anche dalla Lega Nord.

D’altra parte le “procedure di rimpatrio” sono un problema per tutti: Germania, Svezia, Danimarca, Francia, Spagna ha procedimenti che riguardano complessivamente circa 900 mila persone con “esiti di rimpatrio di circa il 10 per cento effettivo.

Le difficoltà di mettere in atto alti numeri di espulsioni sono in genere il costo e la difficoltà di organizzare i viaggi di rimpatrio, i problemi nell’identificare la nazionalità dei migranti e l’ostruzionismo dei paesi di origine che, in genere, preferiscono non dover riaccogliere le persone espulse dall’Europa. E  questo forse lo sottovaluta Molinari, pensando inviece ad interventi veloci facili ed efficaci. Non a caso il governo Gentiloni ha ulteriormente alzato i tempi di “soluzione” delle pratiche che sono passate in media a 24 mesi.

Inoltre, indirettamente, alle considerazioni di Molinari, risponde la deputata responsabile “Immigrazione” del PD  (da una recente intervista al “Foglio” (20 maggio 2017)); l’on Campana ha affermato che il decreto Minniti non è di destra e che «Bisogna guardarlo nella sua complessità». Per quanto riguarda le espulsioni, ad esempio, il “provvedimento” è solo una parte dell’opera del governo, che si muove contemporaneamente anche per modificare i regolamenti europei e per stringere accordi con i paesi di provenienza dei migranti, in modo da facilitare i rimpatri. «Non penso – ha detto Campana – che si possa dare un giudizio su un lavoro che è ancora in corso».”. L’intervista è di fine maggio, il video di Molinari di pochi giorni fa…eppure cade a fagiolo il riferimento ai Paesi dell’altra sponda del Mediterraneo. Qui l’esponente della Lega non si lascia sfuggire l’occasione e riprende le tematiche tipiche dei rapporti fra Italia e Libia ai tempi di Gheddafi (e Berlusconi), grosso modo fino al 2010-2011. In quella fase storica era prassi appoggiarsi a governi “discutibili” come quelli di Assad e Gheddafi ma, come si è visto, c’era un interesse ben preciso. Molinari sfiora soltanto la questione (invece centralissima) dei “richiedenti asilo” e,  pur se implicitamente, ne loda le caratteristiche.
Infatti si prevedono  due interventi importanti, che hanno lo scopo di rendere più rapido il sistema di gestione delle richieste d’asilo.

Come si accede al “Diritto di Asilo”

Oggi le richieste di asilo vengono gestite con un sistema diviso in tre gradi di giudizio, come tutte le altre procedure presenti nel nostro sistema (dai processi penali ai ricorsi amministrativi). Il primo grado è costituito da una serie di commissioni territoriali a cui il migrante fa la prima richiesta di asilo politico. In caso di respingimento della domanda, i migranti possono fare ricorso al tribunale ordinario e poi, in caso di un secondo diniego, possono rivolgersi alla Corte d’appello. È un sistema farraginoso, che negli ultimi anni non è stato in grado di gestire rapidamente l’alto numero di richieste d’asilo arrivate nel nostro paese. Il ministro Orlando ha detto che soltanto nei primi cinque mesi del 2016 ci sono state 15 mila richieste di appello. Secondo il presidente della commissione Nazionale asilo, circa il 60 per cento delle richieste di appello viene accolto. Per sveltire le procedure, il decreto ha eliminato il “terzo grado di giudizio” per i migranti, impedendo loro di fare ricorso alla Corte d’appello”.

Mantenere  i  “diritti  di  fondo”  oppure  “velocizzare i tempi”?

La risposta di Molinari è prevedibile, ma bisogna tener conto delle implicazioni di una prassi che guarda solo allo “scarico veloce delle responsabilità”. È stata infatti semplificata la procedura di “secondo grado”, il ricorso al tribunale: il giudice deciderà senza parlare con il richiedente, ma limitandosi a guardare una videoregistrazione dell’udienza nella commissione. E, infatti, qui iniziano i guai. Secondo i critici, il decreto potrebbe sveltire le procedure di richiesta di asilo, ma al prezzo di creare una giustizia separata per i migranti, dotati così di minori garanzie. «Il decreto ha due gravi pecche», ha spiegato – ad esempio -  aliHuffington Post Marco De Ponte, segretario nazionale dell’ONG ActionAid Italia: «Primo, non permette più ai richiedenti di fare appello contro la decisione: di fatto, li rende oggetto di una giustizia minore. Secondo, nella fase di udienza non è più possibile sentire la persona direttamente interessata, il migrante. Questo porta a risparmi in termini di tempo, ma costituisce una lesione di diritti di persone che dovrebbero avere la possibilità di dimostrare appieno le ragioni per cui sono arrivate in Italia».

Una svolta, un cambiamento di approccio fondamentale, figlio dei nostri tempi. La creazione dei nuovi CPR e le nuove procedure di richiesta d’asilo sono, secondo i critici, un segno che Minniti e il governo hanno deciso di trattare l’immigrazione come un problema principalmente di sicurezza, che può essere risolto con un numero più alto di espulsioni, processando più rapidamente le richieste d’asilo, ma senza incidere più in profondità nelle cause che generano il fenomeno migratorio. Un regalo alle pressioni più superficiali, che perde di vista le questioni di fondo.

Un po’ di numeri sugli APS (aiuti per lo sviluppo)

Per uscire, almeno per un momento, dalle ovvietà e dai “sentito dire” meglio riprendere qualche dato, facilmente reperibile da database di Ministeri e ISTAT. Rispetto agli “aiuti per lo sviluppo” – previsti prima dalle normative comunitarie, poi ripresi nel nostro ordinamento con stanziamenti ad hoc -, siamo ancora indietro.
Tenendo conto del punto d’arrivo stabilito per il 2015, che era lo 0,7% del Pil, siamo oggi allo 0,26%, che addirittura scende allo 0,17% se consideriamo che il 34% di questi fondi viene usata per progetti di accoglienza ai migranti in Sicilia e quindi non riguarda interventi in loco. E già qui ci sarebbero da fare molte considerazioni su come vengono “destinati” i fondi.

Turchizzare l’Italia”

C’è da ridiscutere i meccanismi: la questione del controllo delle frontiere e dell’aiuto a chi scappa deve essere nell’agenda europea, la responsabilità non puo' essere solo italiana. Se invece rimane tale, il risultato è che un terzo delle risorse della cooperazione finisce per essere speso in Italia invece che nei paesi poveri, e questo non va nella direzione giusta. Forse qualcuno vorrebbe “turchizzare” l’Italia, facendone un terreno “filtrante” dei flussi migratori a fronte di montagne di soldi… ma, per fortuna, esistono – almeno per ora- gli anticorpi per fronteggiare una deriva del genere.

Ragionare in positivo
Le migrazioni possono essere positive per un Paese moderno e il concetto fondamentale deve essere quello di human mobility, ovvero di possibilità per chi cerca una vita migliore di poterlo fare in sicurezza e organizzazione. Perché il vantaggio dei viaggi illegali è solo per le mafie, che continuano ad arricchirsi. Gli Stati pensano ad azioni securitarie ma non sono la risposta. Bisogna cambiare direzione, fare capire all’opinione pubblica, preda della propaganda della paura, che non ci sono pericoli di fronte a ingressi regolati e alla luce del sole. Siamo di fronte a un gap informativo in cui la politica anziché guidare i cittadini corre loro dietro, lasciando avanzare il populismo. Un cambio di rotta è necessario e urgente oggi, in Italia come nel mondo, se si vuole che il vecchio slogan leghista (sostanzialmente giusto) abbia un senso: “Aiutiamoli a costruirsi una società autonoma, economicamente solida, senza mafie e mafiette, ma a casa loro”. I primi a ringraziarci saranno le masse di popoli che ora sono costrette a migrare.

Molinari Lega Nord: Sugli immigrati la politica del PD è fallimentare
Alessandria: Intervista a Riccardo Molinari, Segretario Nazionale della Lega Nord Piemont, a margine della conferenza stampa sui risultati del voto al ballottaggio di domenica 25 giugno 2017.  (a cura di Pier Carlo Lava)
video:







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