Horrori & Patymenti (LMCA): un calendario all’incontrario

by, Piercarlo Fabbio
Alessandria: Cosa succede se vado a rivedere un calendario del passato, che magari ci propina immagini dell’epoca, per verificare ciò che è ancora lì, magari nello stesso miserevole stato, e ciò che invece, poco a poco siamo riusciti a cambiare?
Parto da un calendario particolarissimo, che ebbe una sola edizione. Si intitolava Horrori & Patymenti ed era dedicato all’invivibilità urbana. Anno del Signore 1993. Autori dei testi il sottoscritto con l’architetto Fulvio Cellerino, mentre le fotografie erano dello stesso Cellerino, mie, di Fabio Raiteri, Giacomo Vassallo e Guido Ronzat. Il calendario era rigorosamente in bianco e nero e per dimostrare come Alessandria andasse all’indietro come un gambero, la foto di copertina, dedicata ad una vecchia panchina ormai ridotta all’inservibilità dai vandali di turno, ma neppure sostituita da chi di dovere, era pubblicata in senso speculare e dava ancor più l’impressione di una città lasciata al suo contrario.
Gennaio 1993, che iniziava di Venerdì in ispregio al proverbio che di Venere e di Marte non si parte, né si dà inizio all’arte, riportava la foto dell’interno dei ruderi di Palazzo Trotti Bentivoglio, regalato al Comune di Alessandria, poi bombardato durante l’ultima guerra mondiale ed infine lasciato all’incuria pubblica. Il suo cortile era diventato una giungla inestricabile e tra via Vescovado e via Chenna si potevano scorgere i suoi melanconici ruderi. Come è andata a finire?
È un caso positivo di risoluzione del problema. Venduto ai privati, ricostruite alcune parti, messo a disposizione di una residenza di qualità, forse rimane il rimpianto di non aver mantenuto di uso pubblico alcune sale, che avrebbero potuto soddisfare la necessità di luoghi d’incontro di cui ancora oggi la città soffre. Ma al di là di questo, il problema del Gennaio 1993 lo posso classificare come pienamente risolto.

Proviamo a vedere cosa si era messo in risalto a febbraio 1993? La facciata piena di graffiti assolutamente poco artistici dell’Istituto Magistrale, allocato in un immobile di pregio storico in via Faà di Bruno, parziale rifacimento avvenuto a seguito della demolizione della Chiesa di Santa Maria dell’Olmo, che aveva la facciata su via Lodi, era un convento con annessa scuola e poi definitivamente Istituto scolastico.
Il problema, ma ormai parlo di quasi 5 lustri fa, è stato in seguito affrontato con la ristrutturazione della facciata, dopo che i Presidi della scuola, senza soluzione di continuità, avevano inondato di lettere di dolore la scrivania delle autorità comunali che si erano succedute alla guida della città.
Fino a Marzo 1993, inteso come mese del calendario, le cose, a vederle ora, pare che abbiano avuto una loro soluzione, come ad esempio l’area verde di Borsalino oltrecanale. Anche questa lasciata al prosperare confuso della natura. Ecco cosa sottolineava il calendario degli orrori: “Nella primavera del 1990 fu lanciato un concorso di idee fra gli alunni delle scuole della zona”. E poi molto ironicamente aggiungeva “Un successo, vista la repentina realizzazione sul campo delle mille proposte”. In effetti fino ad allora nulla si era fatto, ma anche questo problema, pur se a step successivi: prima riassettando l’area verde ad uso pubblico e poi cintandola per motivi di sicurezza almeno notturna, posso ritenerlo risolto.
Peccato che arrivati ad Aprile 93, sarà per quell’aria frizzantina della primavera, sarà perché il tanto criticato “potere pubblico” qui c’entra meno, ma comunque c’entra, ecco farsi largo un problema che ancora oggi esiste: quello del riuso dell’ex zuccherificio di Spinetta. È il testimone un poco rudimentale di un futuro che potrebbe essere riattivato, perché Alessandria è la provincia a più alto tasso di produzione cerealicola d’Italia, ma soffre l’assenza di un’industria agroalimentare proprio costituita nel Comune capoluogo. Facciamo materia prima, ma poi altri, a chilometri di distanza, la trasformano. L’ex zuccherificio è ormai destinato ad altri usi, ma in qualche altra zona della città si potrebbero collocare industrie trasformatrici che potrebbero fornire una nuova occasione di lavoro per molti.
Per ritornare all’immobile che perennemente segna il percorso da Alessandria a Spinetta, purtroppo il problema, a distanza di 24 anni dal Calendario che ne denunciava la permanenza già da troppo tempo era aperto.
Anche il Maggio 1993 proprio bene non ci porta. La foto del mese rappresenta la Chiesa che non c’è, cioè San Francesco, la cui facciata, confusa tra elementi di sfondamento improprio come una serie di finestre, nonché la tamponatura dell’ingresso principale, si fa luce in via XXIV Maggio proprio dove inizia via Verdi. Il complesso strutturale che la contiene è quello dell’ex ospedale militare, da fine anni Ottanta di proprietà comunale.
La Chiesa, a cui ho dedicato più di un approfondimento nel corso de La mia Cara Alessandria, è ancora oggi lasciata a metà. Dopo i primi lavori di recupero, di scrostamento degli intonaci che militari e altri utilizzatori avevano impiegato, nulla si è più fatto. Rimangono le bellissime volte gotiche con le loro tipiche marcature bicolori e una sinopia preparatoria di un disegno che poi sarebbe venuto e che probabilmente gli intonaci e il tempo si sono portati via.
E’ un patrimonio monumentale di indubbio interesse storico, perché da mettere in relazione con il passaggio di Francesco d’Assisi in Alessandria intorno al 1213-1214, che, nel modo a lui consueto, aveva fondato una porziuncola che sarebbe, una sessantina di anni dopo, divenuta basilica.
Ma ancora oggi questo patrimonio è lasciato al suo destino, incapace di attirare l’attenzione dell’Amministrazione Comunale, nonostante il suo significativo potere di evocare un pezzo di storia dell’Alessandria neonata e restituircela come vestigia. Si tratterebbe, una volta recuperata del monumento più antico della città, secondo solo a Santa Maria di Castello. Ma ahimè, lo devo ancora iscrivere, se proprio non negli orrori, almeno nel “patymenti” del calendario 1993.
Giugno 1993 invece mi propone una situazione tendente a risolversi, ma non nel senso in allora voluto. Si parla dell’area in fregio a via Maria Bensi, compresa da via della Moisa e dalla Scuola Morbelli, che, nel corso del tempo è divenuta il luogo ove collocare le strutture di un progetto europeo pensato e firmato nel 2007: “Concerto al Piano”. Ma prima cosa doveva sorgere? Ecco cosa ci dice il calendario: “Un cantiere aperto… e subito chiuso. Serviva a costruire il mega palazzo dello Sport. Un sogno coltivato dalle intellighenzie della città. Uno strato di argilla è stato sufficiente per fermare il gigante, pensato per Italia 90… in attesa di Milano 2000”.
Già, ecco come un’area cambia destinazione, ma fra impacci, impicci burocratici, ritardi, cambiamenti di programma, passano gli anni e si perdono le occasioni, come quella – sempre in questo sito – di costruire una piscina coperta (ipotesi ormai tramontata) oppure di impiantare una centrale a biomasse che con la piscina scambiasse il calore e il freddo. Ci accontentiamo di una centrale a metano per portare il teleriscaldamento ad alcuni settori del Cristo, ma per far ciò, probabilmente, non ci volevano progetti europei così magniloquenti, quasi subito tralasciati per la loro presupponenza.
Si va in fondo all’anno con 4 problemi risolti: la riqualificazione della struttura ex Spandonara trasformata dai privati in Residenza per anziani; il recupero a fini pubblici della liberty Villa Guerci in pieno centro città; il rifacimento della Biblioteca Civica, a cui però viene sottratto il museo, che ancora attende di vedere la luce; e la nuova destinazione d’uso del Macello civico che si trasforma nel Politecnico alessandrino. Un’emanazione di quello torinese, che, dopo alcuni anni di ottimo funzionamento, viene sacrificato sull’altare della razionalizzazione della didattica. Anche qui, nonostante permanga la struttura orientata alla ricerca, forse si sarebbe potuto fare di più per mantenere aule e insegnamenti. Non si è potuto? Basta allargare le braccia?
Nei mesi rimanenti per chiudere il 1993 scorrono immagini di discariche a cielo aperto e dell’esempio di arredo urbano che già ornava la copertina. Che il decoro non sia patrimonio di tutte le amministrazioni è ormai un dato di fatto e che l’inquinamento di aree urbane ancorché periferiche non spinga sempre ad una immediata bonifica e pulizia è ulteriore aspetto di questa città, la cui storia, guarda un po’, è assai più forte del suo presente. Al solito spero nel nuovo futuro.
Piercarlo Fabbio

Dalla trasmissione di Radio BBSI: La mia cara Alessandria 198_241 BBSI 7 febbraio 2017

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