Il general Cadorna ha scritto alla regina. (Nel centenario di Caporetto) by, Agostino Pietrasanta

Domenicale ● Agostino Pietrasanta
I fatti sono noti: nella notte sul 24 ottobre 1917 alle 2.00 del mattino, l’esercito austro/tedesco attaccò le linee italiane, nel corso della prima guerra mondiale, e dette inizio alla dodicesima battaglia dell’Isonzo. 
Altrettanto noto l’esito: la disfatta di Caporetto, bollata con l’epiteto della vergogna, dalla pubblicistica e dalla storiografia. Premesso il mio sincero rispetto per i soldati e la truppa che vi trovarono la morte o le più devastanti ferite e permanenti inabilità, mi pare che le vergogne di allora e di oggi, in rapporto a quell’evento, siano parecchie.
Intanto la più rimarchevole delle vergogne: quella del generalissimo Cadorna che si intestardiva ad attaccare frontalmente, fin dall’inizio della belligeranza italiana e soprattutto nelle dodici battaglie dell’Isonzo. Le premesse strategica e tattica erano, a mio sommesso parere, ridicole e tragiche nel contempo: le truppe dovevano andare all’assalto frontalmente contro le trincee nemiche da cui, riparato, il nemico faceva strage, finché,raggiunto dai pochi superstiti italiani si sarebbe spaventato ed acquietato prigioniero. Si trattava di tattica che non metteva a rischio di vita, cosa ovvia ed inevitabile in un attacco militare, ma condannava a morte certa la quasi totalità dei soldati in azione. 
A Caporetto la cosa divenne anche più drammatica perché mentre si protraevano gli attacchi frontali, i Tedeschi aggiravano il grosso dello schieramento italiano, con le conseguenze che ne derivarono. Intanto gli alti comandi si attardavano negli ordini, l’artiglieria tardava nell’azione e l’esercito si sbandava in una rotta incontrollata. Prima vergogna.

Succedeva però che (una fonte e testimonianza letteraria ce lo racconta) un tribunale militare, improvvisato accanto ad uno dei ponti del Tagliamento, attendesse gli ufficiali sbandati e privi della loro truppa e ne ordinasse un’immedita fucilazione. E qui si introduce la seconda vergogna, le fucilazioni nel corso della guerra per i più diversi moventi: diserzione, indisciplina, autolesioni, sbandamento. Tuttavia era del tutto possibile finire davanti al plotone di esecuzione solo per aver espresso un parere contro le scelte tattiche poste in essere o anche per dissenso sulla scelta della stessa guerra. Il tutto nel segno di una giustizia militare che molto spesso seguiva la logica di una follia di esemplarità sanguinaria, piuttosto che la ragionevole escussione delle prove. Singolare il caso del generale che ispezionava le linee del fronte con una camionetta su cui aveva sistemato il plotone di esecuzione. Da questo si evince che i 750 (settecentocinquanta) fucilati in seguito a processo, regolarmente censito, si aggiungono a quelli fucilati a discrezione di vari comandi, soprattutto dopo che il Cadorna con circolare del 24 maggio 1916 , in seguito alla disfatta sugli altipiani del trentino, dispose che si ricorresse alle fucilazioni sommarie con “ampia libertà”. Seconda vergogna che si affianca alla terza, quella cioè di far ricadere sulla truppa e sugli ufficiali inferiori o subalterni, le responsabilità dei comandi. Le fallimentari conseguenze di questi metodi furono messe in luce ulteriore dagli eventi di Caporetto e non può riuscire di stupore se il canto tanto scanzonato quanto rassegnato delle truppe prese di mira il generalissimo. “…il general Cadorna ha scritto alla regina, se vuoi veder Trieste comprati la cartolina; il general Cadorna mangia le bistecche ai poveri soldati da castagne secche”. Forse qualcuno potrebbe oppormi che il tutto fu riscattato dalle gloriose (!) giornate di Vittorio Veneto, io però preferirei richamare una quarta vergogna, quella dei giorni nostri: la Camera dei deputati ha approvato e rimesso al Senato della Repubblica, un disegno di legge per la riabilitazione dei fucilati della prima guerra mondiale. La competente Commissione (la notizia me la offre il quotidiano di ispirazione cattolica) ne ha bloccato l’approvazione con una serie di riserve incomprensibili ad ogni persona di normale buon/senso; una riserva tuttavia è talmente ridicola nella sua improntitudine da meritare l’espresso richiamo: il procuratore militare di Roma ha suggerito un elemento burocratico insormontabile, che cioè la richiesta di riabilitazione debba derivare dall’iniziativa degli interessati, cioè dei morti fucilati.. Va bene scherzare, ma non sui morti per la nazione e per le decisioni tanto incomprensibili quanto censurabili dei responsabili(?!). Le pare, sig. Procuratore?


Elvio Bombonato:  L’articolo è sintetico, ma la prospettiva ampia, fino alla ridicola, ridi per non piangere, notizia finale. Vorrei aggiungere che il fronte fu rotto dai soldati tedeschi nel luogo ove comandava Badoglio, il quale non si accorse di nulla, finché non gli piombarono addosso. L’inchiesta militare, inevitabile, che lo riguardò, fu insabbiata, e la carriera di Badoglio salvaguardata. Vorrei ricordare anche l’atteggiamento di padre Agostino Gemelli, psicologo, che fondò poi l’Università Cattolica di Milano, il quale condivideva appieno la “tattica” suicida (e omicida) di Cadorna. Vedi Mario Isnenghi. Vogliono farlo santo? Come Giovanna d’Arco 400 anni dopo il rogo? Propongo papa Alessandro VI Borgia, che almeno gli farà compagnia.




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