Saw: Legacy. L'eredità di Jigsaw soddisfa solo il suo erede

By Maria Luisa Pirrone

Non convince l’ottava indagine sui raccapriccianti omicidi dell'Enigmista John Kramer e dei suoi seguaci. 
Sette anni dopo l’ultimo capitolo di una saga che ha rivoluzionato il genere thriller-horror convogliandolo in un mix di ingredienti vincenti, la nuova vicenda raccoglie una difficile eredità e la trama fatica a decollare e a coinvolgere.
Difficile è per il nuovo adepto l'eredità di un genio del sadismo come Kramer, morto già in Saw 3, così come difficile è per i registi (i fratelli Spierig) e gli sceneggiatori l’eredità di sette capitoli precedenti che in soli 6 anni, dal 2004 al 2010, hanno consolidato, oltre che gli incassi al box office, quel mix vincente di sottogeneri dell'horror quali lo slasher, il revenge movie e il torture porn.
Insipida la trama, anonima la location, deboli le storie dei personaggi. Suspense quasi non pervenuta. Forse si salva solo un leggero senso di thriller, ma più adatto ad una puntata di CSI che a un campione di incassi del grande schermo.
Tutto il masochistico disgusto per le fantasiose punizioni corporali inflitte alle vittime per espiare le loro colpe è già stato provato e l’elettrocardiogramma dello spettatore rimane piatto di fronte a sangue, lame, trappole e urla già affrontati e digeriti nei film precedenti.
Manca quindi il nuovo, l'inaspettato che ci aveva fatto sobbalzare dalle poltrone negli anni scorsi.
L'apparente ritorno “in vita” di Kramer non basta a dare quel brivido in più. Lo spettatore è talmente annoiato che il plot twist finale, momento cruciale che in Saw ci ha sempre lasciati inebetiti per giorni, è vissuto più come una liberazione dalla noia che come la soluzione dell’enigma.
Persino la faccia perversa di Tobin Bell fa meno paura del solito, e il povero pupazzo Billy viene declassato a meno di una comparsa.
Lo spettatore incallito che ha già superato le sette fatiche precedenti esige decisamente molto di più.

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