S’i’ fosse fuoco, Dario Fornaro

Dario Fornaro
Salendo lentamente, ma inesorabilmente, da Sud a Nord del paese – e persistendo oltre misura la siccità che ha stremato in ogni dove terreni agricoli e aree boscate – l’ondata degli incendi “casuali” ha raggiunto, in ottobre, anche il Piemonte (e Lombardia) con le varie, lussureggianti vallate subalpine.
Le cronache locali e le immagini “dal vivo” ci hanno rimandato fiamme ruggenti, nuvole di fumo e distese di monconi d’albero anneriti, in vastità e sequenze inaudite. Ci hanno documentato altresì i pericoli per le zone abitate e la mobilitazione dei soccorsi che rendevano memorabili le operazioni di terra e dal cielo.
Sgomento, ira, conta dei danni, apprezzamento degli interventi, pur con qualche accenno di recriminazioni, hanno caratterizzato i commenti, inframmezzati dalle voci preoccupate delle Cassandre meteo-ambientali. Ma sulle cause, prossime e remote, del dilagante fenomeno incendiario, la lingua si è inceppata e il pensiero si è arenato sulle secche del prevalente “fatto doloso”, ascrivibile alla non meglio precisata categoria dei “piromani” in fase di oscura, ma evidente moltiplicazione.
Di incendio doloso, come pure di generica piromania, si parla da tempo (a calare fino a zero, o quasi, è per fortuna il ricorso alla fantomatica autocombustione), ma la dimensione e la ripetitività, in crescita, del fenomeno inducevano a sospettare un retroterra motivazionale più complesso o comunque difficilmente afferrabile.

La “tradizionale” azione dolosa trovava infatti una solida “giustificazione” in una qualche “utilità” perversa, ma a suo modo comprensibile: una prossima gettata di erba fresca e rigogliosa per la pastorizia e, soprattutto la predisposizione di nuove, traverse opportunità di sfruttamento del suolo depauperato per l’edilizia strisciante e le opere connesse. Il fatto però che né l’habitat delle greggi né l’appetibilità edificatoria fossero palesemente estensibili a tutti i territori ora devastati (in effetti solo a poche zone effettivamente praticabili) stanno costringendo esperti e commentatori a riposizionarsi, seppure a disagio, su una insospettabile varietà/novità/gravità delle pulsioni distruttive individuali.
Ben rappresentate, volendo, dai famosi versi “giocosi” di Cecco Angiolieri : S’i’ fosse fuoco, arderei ‘l mondo / s’i’ fosse vento, lo tampestarei / s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei /..etc. fino alle donne giovani e leggiadre, peraltro non comprese nelle ire funeste del poeta dugentesco.
Scemata per fortuna, con i primi di novembre e l’annuncio di pioggia risanatrice, la panoramica degli incendi e la pressione degli interventi d’emergenza, i discorsi sparsi sulle cause del frammentato disastro si stanno facendo – se non è un’impressione e a parte la grande, indiscutibile concausa del suolo inaridito – più flebili o incerti, già sull’aspetto della “molteplicità strategica” degli inneschi di vallata (o sviluppo straordinariamente impetuoso dei limitati, numericamente parlando, attacchi piromani. Ma mentre scrivo il TGR parla di sei inneschi appena rilevati a Borgo San Dalmazzo).
La differenza, ai fini preventivi e repressivi, di azioni incendiarie organizzate e finalizzate (?) rispetto ad alcune “imprese” di singoli “lupi solitari” (come oggi si dice), è notevole e complicata sotto il profilo pratico della “caccia agli untori”, e le forze dell’ordine, con gli amministratori locali, ne sono certo ben consapevoli.
E’ la differenza che passerebbe tra un “bullismo da paese” – che pure si è manifestato, in tono minore, anche tra le nostre campagne di pianura, ove sono andati in fumo, in rustici o in campo, gli imballi di paglia o fieno – e una sorta di “mini-terrorismo” (duole pronunciare anche solo la parola), rivolto a fomentare un clima di insicurezza, di sovrastante pericolo, buono a tutti gli usi.
Ovvio auspicare che prima di nuove – e ahimè prevedibili – stagioni di vasta e complice aridità, questa storia dei “fuochi di massa” venga ripresa e riassunta, da chi può, nei suoi termini realistici e aggiornati. Anche ai fini di valutare le possibili contromisure tecnico-normative e di pubblico orientamento comportamentale.










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