Spurio accordo contro Francesco, Agostino Pietrasanta

by,Agostino Pietrasanta
I miei rari, ma attenti lettori, si sono accorti che situazioni, eventi e vicende di oggi, mi richiamano spesso alla memoria esperienze della mia età fanciullesca. 
Preciserò che, bambino, a cavallo tra gli anni quaranta e cinquanta del secolo scorso, facevo, nel natio paese e come l’80% dei miei coetanei, il chierichetto. 
Mi capitava così di servir Messa, la domenica, nella Chiesa di una confraternita; si trattava di Messa letta o, come si diceva, “bassa” per distinguerla da Messa cantata, ossia “alta”. Ora, cosa per l’oggi singolare, ma allora del tutto consueta, i confratelli alle 8;45 attaccavano l’ufficio della Madonna cui seguiva quello dei morti; quando alle 9.00 il parroco cominciava a dir Messa, loro continuavano imperterriti e si fermavano solo per la predica (oggi si dice omelia) e l’elevazione. 
Non solo, ma l’ufficio terminava molto dopo la fine della Messa di cui loro si disinteressavano del tutto, mentre i fedeli presenti non potevano ascoltare nulla della celebrazione eucaristica in latino, anche perché nello spirito tridentino (Concilio di Trento) i meriti si acquisivano grazie al mistero, indipendentemente dalla partecipazione dei “cristiani laici” sempre e solo Chiesa discente in netta distizione o separazione dalla Chiesa docente (i preti). 
Cose da paese: mi direte. Neanche per sogno. Ricordo di un prete di Alessandria, già feroce anti/fascista perché, a diversità di parecchi suoi confratelli, aveva capito l’intrinseca inconciliabilità tra fascismo e Cristianesimo; il succitato reverendo, alla fine degli anni cinquanta faceva recitare, mentre altri celebrava la Messa, il rosario; così, affermava, le donne non chiacchierano. 
Antifascista come era stato, non si sognava tuttavia, che potessero pettegolare anche i maschi. Insomma: atmosfera e pastorale preconcilare mentre felicemente regnava (si diceva così) Pio XII.

Pemsavo a queste cose mentre giravo e rigiravo tra le mani, pochi giorni fa un’autorevole rivista cattolica che si stampa a Bologna, la quale commentava la lettera dei sessantadue (62) studiosi cattolici pubblicata lo scorso settembre: nella lettera si defiscono alcune “eresie dell’eretico Francesco” La rivista, con acribia lucidissima, individua le estrapolazioni che i predetti sessantadue fanno della “Amoris laetitia” ed in specie, ma non solo, dell’intervento pastorale sui divorziati risposati. Il tutto per poter definire eretico il Papa (!). Sarebbe fuori luogo e forse fuori sede introdurre sulla puntualità con cui, nell’intervento, si mettono a fuoco le varie indebite e surrettizie estrapolazione o addirittura le invenzioni che imputano ciò che nella AL non c’è affatto, tanto che si fa dire al Papa che “…una persona, mentre obbedisce alla legge divina può peccare contro Dio in virtù di quella stessa obbedienza”. La rivista, stupefatta osserva che l’affermazione non esiste e che il passaggio è sicuramente la soglia più bassa della brutta lettera dei sessantadue. Ripeto, non mi addentro, ma dal complesso della questione appare con tutta evidenza che i sessantadue, in nome della dottrina oggettiva, ripudiano l’ultimo, più alto e definitivo giudizio della coscienza personale, confondendolo col relativismo dottrinale.
E fin qui si potrebbe parlare di atteggiamento preconciliare, allo stesso modo che preconciliare era l’uso di cantar lodi, mentre il sacerdote silenzioso celebrava il suo latino; dopo il Concilio però l’attacco all’opzione della Misericordia di Francesco costituisce piuttosto anti/Concilio e la prova più inquietante sta nel fatto che fra le sessantadue firme c’è anche quella di mons. B. Fellay superiore generale della “Fraternita S. Pio X” cioè dei seguaci di Marcel Lebfevre, la quale si fa un punto d’onore e stabilisce come decisivo orientamento, il ripudio del Concilio Vaticano II e dopo, sia detto per contentino, che il vescovo Lebfevre in Concilio votò a favore di tutti i testi, senza eccezione alcuna. E’ vero che i responsabili della Fraternità sono stati rimessi dalla precedente scomunica, ma all’invito di Roma di accettare il Concilio, essi hanno sempre risposto con un netto ed inappellabile diniego. Un eminente cardinale ha sottolineato che chi non accetta il Concilio resta fuori dalla Chiesa, col che, per quanto ne capisca io, si afferma che la scomunica è di fatto operante.
Evidentemente l’accordo di sessantuno cattoliconi col rimanente, per fare sessantadue, costituisce un accordo ben surrettizio, anzi spurio.
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elvio bombonato in 20 novembre 2017 alle 12:38 ha detto:
Bravo Agostino. Stavolta dimostri una verve ironica, che usi raramente. Lo fai per attenuare il tuo sdegno, in realtà nascondendolo ne accresci la forza. Io, privo delle tue competenze, sarei stato più aggressivo, quindi meno efficace. Che si trattasse un solenne pasticcio, diciamo pure una porcheria alla Feltri/ Sallustri, costituito da palesi falsi, estrapolazioni immotivate, a scopo denigratorio, già lo pensai quando il “documento” (si tratta di un lemma serio, sporcato da questi banditi) dei nostalgici (per carità cristiana) trasformati in guerrieri, anacronistici seguaci di Innocenzo III, pontefice assimilabile a “colui ch’usurpa in terra il luogo mio,/il luogo mio, il luogo mio, che vaca/nella presenza del Figliuol di Dio,/fatt’ha del cimitero mio cloaca/del sangue e della puzza…” (Pd, canto XXVII,vv.22-26: l’invettiva di San Pietro contro i papi usurpatori). Innocenzo III infatti bandì la crociata contro gl Albigesi, un vero e proprio genocidio (Francia meridionale 1208). Nell’assedio di Béziers (1209) il comandante dell’esercito assediante, chiese all’abate di Citeaux, futuro arcivescovo di Narbona, come fare per distinguere i cristiani dagli eretici. La risposta fu “Uccideteli tutti. Iddio riconoscerà i suoi”. Tutti vuol dire anche i neonati e i feti.(episodio riportatato dal cronista Cesario di Eisterbach, Dialogus miracolorum).
Il mio è “sarcasmo per accostamento” (tecnicismo retorico), in preterizione.









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